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maggiore e cioè: un vescovo dalla nera faccia sorridente, che tiene in mano il pastorale d'argento, dal quale, come da una canna da pesca, pende una trota dalle squame lucenti. — I Veronesi lo gratificarono da un pezzo col detto popolarissimo:

San Zen che ride e paparele calde!

Sulla facciata della Basilica, due leoni di marmo rosso di S. Ambrogio, sostengono le colonne del protiro. ― Sopra di esso, la chiesa apre, come un grande occhio, il suo rosone, che rappresenta la ruota della fortuna, i cui uomini diritti o capovolti furono scolpiti, col resto, dal Briolotto.

In fianco, sotto il campanile, si addita la presunta tomba di re Pipino, e di fronte a quella, una gran tavola di marmo, già copertura di sarcofago, dalla quale, fino a pochi anni or sono si usava dispensare i gnocchi ai poveri, nell'ultimo venerdì del carnevale classico. — Questo lascito dei gnocchi, lo si deve ad un dottor Tomaso Da Vico, che nel 1530, dopo di aver fatto parte di una Commissione di beneficenza incaricata di ammansare il popolo in carestia, per le conseguenze della guerra fra Carlo V e Francesco I, regalò tutto il suo ai Sanzenati. — Questi per ripagarnelo gli eressero un busto, che occhieggia comicamente davanti la pietra del gnocco ed è quasi nascosto fra le rampicanti del muro. — Nel rione di San Zeno era assai coltivata da secoli l'arte della filatura e colorazione delle lane ― e le Sanzenate, brune e forti, hanno nel pittore Angelo Dall'Oca Bianca, il sacerdote d'arte, che ne tramanda pei secoli la bellezza.

(n. d. a.)


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