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scrittor dialettale, andando anche più in là, crede a dirittura che lo scrivere in vernacolo significhi metter giù parolaccie da trivio, o, imitando il Baffo di non felice memoria, trattar soggetti sì bassi e sì turpi, che gli eguali, ov'ei potesse, sceglierebbe con suo molto compiacimento il porco in brago. L'arte della poesia dialettale è arte difficile, a punto per quel delicato senso della misura, e quello spirito di osservazione, e quella pittura efficace ed esatta della realtà, che il dialetto domanda. Credersi atto a maneggiare il dialetto, solo perchè se'l conosce da' primi balbettamenti della puerizia, senza studiarlo, e studiare la sua letteratura, e l'indole e lo spirito suo, e il popolo sua Vestale, è semplicemente orgogliosa stupidità.

Oggi siamo pochi a scriverlo, e meno a farlo oggetto di studio. Ride egli festoso, e piange con malinconia di forme e di suoni, nelle commedie di Giacinto Gallina e di Riccardo Selvatico; ma la poesia nostra, la poesia dolce, serena, mite come un'alba di maggio in laguna, triste e lagrimosa, come un tramonto d'autunno dietro l'isoletta di San Michele, ove dormono i morti, non ha cultori degni come gli antichi.

Il Selvatico dettò in passato poche rime piene di colorito e vive d'arte; Arrigo Boito, in qualche saggio ch'ei diede, pubblicato

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