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ATTO QUARTO.
SCENA PRIMA.
Giulia, Bettina, Lucietta, Zanetto, Bortolo, Marianna, tutti a tavola; Tonina, e un Barcaruolo in piedi.

Zan. COssa xe là quel piatto? 1
Giul. Lo mando a mia figliuola.
Zan. Siora no; che l'impara a no scappar la scola.
Giul. Questo è troppo rigore.
Zan. Coi fioi se fa cusì:
          Co no savè arlevarli, lassè arlevarli a mì.
          Manazzarli no serve, se star no i fe a dezun:
          Se un tira, e l'altro mola, no i teme più nissun.
Giul. Anche vostra sorella minaccia, e poi perdona.
Zan. Semo quà co sta musica più vecchia de mia nona.
          Zacchè ve credè lecito quel, che fa mia sorella,
          Fè una cossa, e m'impegno, la sarà prima anch'ella. 2
          Ohe? con dell'acqua fresca portè un cain de suso;
          Vojo, che in mia presenza tutte se lava el muso.
Luc. Mi me lavo anca i piè.
Bett. La prima mi sarò.
Ton. La vol esser liscia. accenando Giulia.
Giul. Ed io, signori nò.
Tan. No veramente?
Giul. No.
Zan. Cossa ghaveu paura?
          De non far quà per casa con mi bona fegura?
          Certe ciere sfazzade con mi le ghe la perde:
          Me piase quelle ciere, che trà un tantin al verde.
Giul. Dovreste aver capito, che questa è un'insolenza.
Bort. (Molleghe per adesso.) a Zanetto
Zan. Co no volè, pazienza.
          No me ste almanco a metterme vostre cugnade in ballo.
Giul. L'andar com'esse vanno così malconcie, è un fallo.
          Basta ben che le imiti negli atti di virtù.
Zan. Chi nol sa far nel poco, nol sa gnanca nel più.

  1. Giulia dà di nascosto un piatto a Tonina con della roba.
  2. Si levano da tavola.
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