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SCENA II.
Giulia, e dette.

Giul. Coss'è questo sussurro?
Ton. La musica ordinaria.
          Sta donna longa un deo, che se vol dar dell'aria.
          La s'è cazzada in testa d'aver ancuo vacanza!
          No ghe scola che tegna.
Mar. Mamma, me diol la panza.
Ton. No la ghe creda niente; busiara come 'l diavolo:
          L'è un'ora, che per casa la fa ballar un piavolo.
          St'altra quà l'è più piccola, ma più bona la xè,
          Non tocca a mi de dirlo; ma so ben mi el perchè.
          Se la vince anche questa, Lustrissima, m'impegno,
          Presto presto la dopera anca con ella un legno.
          Via da brava, Sioretta, in casa no se resta;
          Che la Mamma no vol. in atto di condurla via.
Ang. Mamma me diol la testa.
Ton. Uh! mi andarave zo pezo de Chiara matta,
          E ghe daria dei schiaffi.
Giul. Perchè non l'hai tu fatta.
          Che serve farla piangere? A scola andrà domane,
          Già non dee guadagnarsi col suo lavoro il pane. in atto di partire.
Ton. E la va via con questa?
Giul. Cosa ho da far con te?
Ton. Cusì l'arleva i fioi?
Giul. Tocca pensarci a me.
Ton. Salla? El castiga matti da Bergamo è tornà.
Giul. Chi è questo?
Ton. So Marìo.
Giul. Quando?
Ton. Mezz'ora fà.
Giul. Dov'è adesso?
Ton. In mezà con do, che 'l g'ha trovai.
Giul. Digli, che lo saluto, e mi consolo assai. parte.
Ton. E viva le mugger, ma le mugger foreste;
          Perchè le Veneziane no ghe ne fa de queste.
          Dopo un anno che l'è senza el marido appresso,
          La fa tutto sto strepito, perchè l'arriva adesso.
          Fra ella, e so Cognade, che pur ze do pianzotte,
          Ghe tanta diferenza, come dal dì alla notte.

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