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(1) Più comune: che non si sa.

(2) Mi fa pena.

(3) E' lo stesso poeta che scrivendo una delle sue migliori poesie «Le pàssare sul figàr» vuol confortarsi che qualche cosa al mondo c'è pur di bene:

               Tuto se cambia in festa! A dir el vero
                    Mi me ingarbuio se ghe penso su.
                    Ste bagarine, che no conta un zero,
                    Com'èlo che le g'à tanta virtù,
                    Che le me mete un sentimento in cor
                    De lode e gratitudine al Signor?

Questa chiusa (dice il Biadego) ci spiega la vita modesta di studio e di fede del Cipolla, il quale visse lontano da tutti i rumori, da tutti gli onori del mondo tantochè rimase ignorato dai più.


No stéme dir poeta


Par carità, no steme dir poeta
     che me vargogno, fioi, devento rosso...
     sì, g’ò ’na vena un pochetin discreta
     che fa, nè dise gnente po’ de grosso.

’Na rima dove parla mal la Beta,
     un verso dove brontola Pigosso,
     una quartina dove la Marieta
     la siga che i ghe búsara un scartosso.

E dopo.... putelete e puteleti
     che i core, i salta, e dopo i se minciona
     tarocando, compagno dei galeti.

Sì, proprio l’è ’na roba poco bona,
     che no merito, amissi benedeti,
     el nome de poeta e.... la corona.

Bruno da Legnago

    la nota commemorativa letta da Giuseppe Biadego alla nostra Accademia, 16 novembre 1914. Qui si riporta il ritratto quando era nel fiore degli anni e della feconda attività letteraria.

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