austriaco nell'aprile 1846, donde quel giusto rancóre contro gli oppressori della Patria pei quali cantava un terribile Dies irae:
«In die ila, in die ila
«I tedeschi va in favila
«Se anche i fosse in çentomila».
ed urlava il versetto:
«Recordeve, porche spie
«Che le vostre teste rie
«Le va ’n fumo in ila die!».
Eletto Arciprete di Caldiero, resse la parrocchia con saggezza, amato da tutti.
A cinquantanove anni, colpito da paralisi all’altare — nella solennità d'ell'Epifania — confinato quasi immobile in un letto, egli che aveva tanta vita, ebbe un mese di strazio e l'8 febbraio 1889 la morte lo tolse dal martirio.
Valga, per tutte le poesie politiche, riferire di lui il «canto al Veneto liberato da re Vittorio Emanuele».
Viva la nostra Patria,
Evviva il nostro Re,
Viva la bella Italia
Che schiava più non è.
Possiain parlar, siam liberi!
Non più martirii e pene;
L'Italia dell'Austriaco
Ha infrante le catene.
Cessarono i patiboli,
Le carceri, gli affanni;
Passò l'età dei martiri,
Il tempo dei tirarmi.
Già sulle torri spiegansi
I tre color dei forti,
Già fulminato ha i barbari
La spada dei risorti.
La nostra terra, l'aere,
Il ciel è alfin salvato
Dal lezzo dell'Austriaco,
Dal puzzo dei Croato.
Dall'Alpi all'Adriatico
Le terre ed i castelli
Saranno tutti Italia
Famiglia di fratelli.
Il fiero augello nordico,
Co' suoi cruenti artigli,
Dalle Italiane viscere
Non strapperà più i figli.
O Patria gloriosissima,
I forti tuoi guerrieri
No, non cadran più vittime
Sul campo di stranieri.
Vittorio ha aperto ai militi
La nobile carriera;
Egli alza formidabile
L'Italica Bandiera.
Giuriam tutti difendere
Dalle straniere genti
La benedetta e fulgida
Insegna del Redenti.
Figli d'Italia intrepidi
Levate il vostro sguardo,
Riconoscete liberi
Di Cristo lo stendardo.
Valga quel segno a sperdere
Ogni viltà fra voi
E vegga oggi la Patria
Gli antichi figli suoi.
Verona, ottobre 1866.
Mattìo Zócaro