— Un loutz du ba da bin sain kant hoam ’un jungame lappan bo da machan de worte! — Die bo da gen tze vorstian in hajarn soutane lapan tuan ubal; iz nicht de barut? — Du hast recht. Loulz nicht tze worta-di un Sealagan Lautan: se sain da nicht mear! — I kljob'az. Bar segan-us. — Ja, stea bou. |
— È da ridere! — E guarda che cosa significa sentir da giocane storielle che fanno paura! — Coloro che danno a intendere ai ragazzi tali storielle fanno male; non è vero? — Tu hai ragione. Procura di non aver paura delle Beate genti; non ci son più! — Lo credo. A rivederci. — Sì, tu sta bene (stai bene). |
(*) La leggenda delle «Beate Genti» della Giazza è la stessa leggenda delle Anguane, fate delle acque, diffusa in varie località; nel Veronese tuttora si ripete la leggenda delle Anguane, che pur vivono sui monti, e tirano una fune da un monte all’altro per ballarvi sopra. Un Monte delle Anguane (Fate) è in territorio di Quinzano; e sopra, a mezza costa, si mostrano le çengie de le Anguane, grossi massi rocciosi, muniti di piccole grotte.
(1) Abbiamo una frase abbastanza diffusa nel Veronese «sigár come ’n anguana» per dire: gridare a squarciagola, come gli urli delle fate. Male interpretano Patuzzi e Bolognini (Picc. Diz. Ver) «gridare come un’aquila», dove l’aquila non c’entra affatto.
Ho bu 1 crompato in l’Austria un trapeleto 2
Slusiente, inichelato, che ti ocore
Par impissar la pipa o 'l sigareto,
Sia pura in tel prensipio o quando ’l more.
La fonzionè 3 polito el conzegnelo 4
Fasendo fogo in tuto: dodes’ore,
Ma i corni po’ del diaolo malingreto,
(Che drento da partuto za i ghe core)
I g’à parmesso al scatolin slusiente,
Par farghe rabia a ci l'avea crompato,
Che ’l desse sol la s-ginza 5, e fiama gnente!...
Cussita l’Anzolin l’è stè obligato
(Siben che i fuma, i spussa, e no g’iè bei)
Recorare ai so’ veci solfranei!!
Anzolin da la Jazza