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determinato a stampar le sue Favole, sopra non molte sarebbe caduta la scelta. Era egli un severissimo giudice di sè, e de' suoi scritti; e non degenere dagli Ariosti, dai Tassi e dai Metastasj, spendeva più mesi nel ritoccare un apologo, che forse avea dettato in pochi istanti; lo che ci conferma nella opinione da noi sempre tenuta, che nelle opere di gusto le più elaborate son quelle che men ti sembrano figlie della lima e dell'arte. Ora non avendo egli potuto farla da censore con tutte, senza la scorta degli autografi, la nostra scelta sarebbe andata a pericolo d'interpretare a sinistro la volontà di tanto uomo. Ve n'ha inoltre di quelle ch'egli, quantunque bellissime, avrebbe forse condannato alle fiamme. Tali le poche, in cui sferza alquanto acremente le abitudini del vizio fortunato, e della nobiltà scioperata; e tali pur quelle, in cui il pudore e le grazie non sono sempre all'unisono. Troppo amava egli l'ordine degli ottimati, troppo eragli a cuore il costume perchè credesse di scherzare pubblicamente a spese dei primi, o di affrontare da cinico quanto detta il secondo. Noi, ch'ebbimo la fortuna di trattarlo familiarmente, possiamo attestare, che osservava il più prudente silenzio in tutto ciò che apparteneva alla morale, alla patria, e sopra tutto

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