Pagina:Raccolta di poesie in dialetto veneziano 1845.djvu/280

Sta pagina la xe stà trascrita, ma la gà ancora da vegner rileta.

     Vestia de divozion, ghe n'è, xe vero,
     Forsi quanto in Europa, anca al Giapon:
     855E quelo che sucede
     Sui ochi de la fede,
     E tra i lampi de le università,
     Poco su poco zo, nasce anca qua.
     Ma Ura-Kan ga per massima
     860Quel famoso proverbio venezian:
     “Che quando la va ben tanto che basta
     A tetarghe in tel c... la se guasta...”

«Niente, eccellenza!
     Non mi sorprende punto,
     865Che lo spirito, i sali, le facezie
     De' scrittori flogistici del secolo,
     Che nemici dell'ordine, e abusando
     Del nome di filosofi, san dare
     Alle intenzioni le più rette e pie
     870Sensi bistorti, maliziosi, oscuri,
     Abbian saputo prevenire il mondo
     Contro di noi così ch'ella non creda
     Di cimentar per ora
     L'autorevole sua protezione
     875In favor nostro, ed anzi
     Non so negare la dovuta lode
     Alla sua saggia previdenza, tanto
     Sempre opportuna, e in questi tempi poi,
     Veda, eccellenza, necessaria troppo
     880A l'uffizio geloso che sostiene,
     Nè mi aspettava meno dalla nota
     Desterità dell'eccellenza vostra;
     E per questo, com'ella à ben veduto,
     Io titubava... ma in un altro istante,
     885Quando procurerò darmi l'onore
     Di umiliarle a palazzo i miei doveri,
     Degnandosi ascoltarmi, spero ch'ella...»

«Ben; se la crede de sperar, la spera
     Che chi vive sperando... ma fa tardi,
     890E donca rinovando,

     Padre, le mie proteste...»

«Dove sei?
     Peppino, presto corri,
     Precedi sua eccellenza per la scala...»

895«Eh! no, no gh'è bisogno; cossa fala?»

«Bacia dunque la mano a sua eccellenza.»

«Oibò! pezo! che diavolo!
     Oh! la mia riverenza.»

«E la mia devozione a vo-eccellenza.»

900E qua finisce la conversazion
     Del padre Paralasse fiorentin
     Col plenipotenziario del Giapon.
     Mi mo me son fermà là su la piazza
     Mezz'oreta de più,
     905E ò visto quel che no l'à visto lu!
Go visto quei tre mile mandarini
     Stravacai panza-a-tera
     Su l'ampia scalinada
     Adorar la clemenza del monarca.
     910Go visto tuto 'l popolo
     Corer qua e là sul palco,
     Butar in mile pezzi
     Quele vintiquatr'urne de profumi
     Che va l'ambrosia a siropar dei numi;
     915Spuar, senza riguardo
     Del bel sofà de soprarizzo d'oro,
     Sul sgrugno a Brigliadoro,
     E portarse in trionfo,
     San piero in caregheta,
     920Per le strade reali de Pekin
     El bon vecchio Ton-Kai e Tulan-Kin:
     E po turun-tun-tun,
     Tuti core a disnar, contenti e alegri,
     E la morte quel dì resta a desun.


Traesto fora da Wikipèdia - L'ençiclopedia łìbara e cołaboradiva in łéngua Vèneta "https://vec.wikisource.org/w/index.php?title=Pagina:Raccolta_di_poesie_in_dialetto_veneziano_1845.djvu/280&oldid=59685"