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(98) Decreto del Senato 1605 24 settembre, non mai approvato dal maggior Consiglio.

(99) Scrittura del segretario Franceschi.

(100) Decreto del 10 settembre 1767.

(101) Approvato dal maggior Consiglio nel dì 20 decembre 1767, dove fu portato senz'altra informazione.

(102) Intendesi l'artifizio di non isvelare al maggior Consiglio l'autorità usurpata ad esso dal Senato col decreto 24 settembre 1603, che non fu mai approvato dal detto M. C.

(103) Quì si intende l'ordine da tenersi nel leggere le carte; cioe 1.° le scritture Franceschi; 2.° la parte del maggior Consiglio 1333; 3.° l'altra 1536, e il decreto del senato 1605, e finalmente la parte di esso M. C. 1767.

(104) Le scritture Franceschi.

(105) Per il perno della massima o ragion di Stato si intenda la religione.

(106) Sono le parole della scrittura Franceschi

(107) Due estremi diametralmente opposti, in conseguenza di quello che vuol provare, sono la riforma e la soppressione.

(108) Quì alludesi alla storia di Paolo V, che scaglio l'interdetto contro la repubblica, ed alle altre del canonico Zabarella, e del Ravagnin.

(109) Quella del 1333, e l'altra del 1536, dalle quali derivano tutte le altre.

(110) Lettura della parte del maggior Consiglio 1333. Con questa introduzione si mostra l'inabilità colla quale Franceschi ha compiuto la sua scrittura mediante una enumerazione di leggi dal 1200 al 1764, quando le posteriori alle due 1333 e 1536 sono tutte esecutive e regolative delle medesime, e niente servivano quelle prime al caso presente.

(111) Cioè le leggi del maggior Consiglio 1333 e 1336.

(112) Si allude alla Parte del maggior Consiglio 1333.

(113) Si allude alla controversia colla corte di Roma in tempo di Paolo V, che mando l'interdetto contro la repubblica per motivo del presente decreto del Senato.

(114) Seniores, il magistrato dei X Savi. In dignitate, la deputazione alle Mani-Morte; i più Sapienti, i Savi-grandi; il Primate non si nomina per riguardo.

(115) Il monastero di san Nicolò di Lido dispensava giornalmente elemosine alla povera popolazione, la quale cadde poi dopo la soppressione di detto monastero nella maggior indigenza, perchè abbandonata da qualunque soccorso.

(116) Alvise Emo, Alvise Zen, Pietro Barbarigo, Lodovico Flangini e Gerolamo Zulian, cinque correttori delle leggi.

(117) Giacomo Mazzolà esercitava la medicina.

(118) Valoroso pittore veneziano.

(119) La testè riferita Epistola a Lidia fu stampata per la prima volta in Vicenza nella stamperia di Gio. Battista Vendramini Mosca nel 1793 in 8.° senza nome di autore, e col titolo Sul Problema della felicità, Canzone. Venne ristampata a pag. 194 col titolo: Discorso morale ossia Epistola a Lidia nel libro: Ore solitarie ossia Raccolta di novelle, racconti ed aneddoti, Verona per Valentino Crescini 1837, in 12°, ed anche qui manca il nome dell'autore. Per quanto si dice ne fu autore Giangiacomo Mazzolà padovano.

Siccome poi tanto nell'edizione 1793, quanto nella ristampa 1837 si riscontrano parecchie diversità di lezione, così si è procurato di combinare la migliore. Osserveremo che le desinenze, ridere, credere, nascere ec., non sono proprie veramente del dialetto veneziano, che usa tali desinenze tronche; ma la bellezza di questo breve componimento ci persuase a darvi luogo anche in questa collezione, sebbene il dialetto non possa dirsi puro veneziano.

(120) Vino nero squisito, che si raccoglie in Bagnoli, villa del territorio padovano, dove la illustre famiglia Widmann ha molta parte delle sue rendite.

(121) Era negoziante di vini forestieri in Venezia.

(122) Pezzo di terreno così nominato dalla sua figura, che produce il friularo dell'ultima perfezione.

(123) La N. D. Elisabetta Duodo Contessa Widmann.

(124) Voce che nel dialetto veneziano dinota il ceto medio.

(125) Il popolo di Venezia soleva nei tempi repubblicani dividersi in due corpi, cioè quello dei Castellani, abitanti del sestier di Castello, e l'altro dei Nicolotti abitanti del sestier di san Nicolò.

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