I bei proverbi di Livinallongo mi furono mandati, con le loro illustrazioni, da quel detto e gentile uomo che è il Decano Don Bartolomeo Zardini. Il quale mi diede pur quelli di Val Badia, dove il dialetto veneto finisce e comincia il tedesco; e quelli dell'Ampezzano, con l'aiuto a lui e a me gentilmente prestato da Don Giuseppe Pescollderungg, sacerdote di Cortina.1 Il chiarissimo naturalista Prof. Francesco Ambrosi mi mandò da Trento molti proverbi, che egli aveva raccolti nella Valsugana, fra i quali ne trovai parecchi di nuovi, che aggiunsi agli altri.
Dal Cadore, quelli di Pieve, di Calalzo e del Comelico me li diedero i signori Achille ed Antonio Vecelli, e i fratelli G. B. e Giovanni Giacobbi. Quei di S. Vito il bravo signor Giovanni Ossi, noto a tutti gli alpinisti che salgono l'Antelao, il Sorapis, il Pelmo. Ivi, come si vedrà, si parla un dialetto che differisce dal Friulano assai meno che quello di tutto il Cadore intermedio.
Pei proverbi nella parlata tedesca dei Sette-Comuni (ivi detta cimbrica) fui molto fortunato nel rivolgermi all'esimio D.r Giulio Vescovi di Asiago, ed ai degni Parroci di quei paesi, dove s'è fatto meno scarso il numero di coloro che ancora la usano insieme al prevalente dialetto vicentino e alla lingua italiana. Le loro raccolte, che si trovano nell'Appendice al volume, saranno tenute in pregio, massime dai filologi tedeschi, contenendo gli estremi avanzi di una lingua che fra poco in quell'altipiano sarà spenta interamente e per sempre; e che sarebbero andati perduti, se non
- ↑ Questi sono segnati: L. — V. B. — Amp.