Pagina:Raccolta poesie veneziane dell'autore dei Capricci poetici nello stesso dialetto 2.djvu/73

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Le cosse andava ben d'una maniera,
     Che megio andar no le podea sicuro:
     Quell'altro el s'attendea da ancuo a stassera,
     E a nu vedar premea quel muso duro,
     Quandocchè in logo soo vien per espresso
     Un fogio a nome del mio amigo istesso.
Ecco parola più, parola manco
     Quello che nel fatal fogio ghe giera:
     » Amico mio!.... di posseder già stanco
     » La bella che passò per mia mogliera,
     » E smorbato assai più d'una mammaccia
     » D'ambo un regalo è giusto che vi faccia.
» Godetele buon uomo in santa pace;
     » Che volontieri a voi tutte le dono,
     » E se il tenerle troppo vi dispiace,
     » Lasciatele partir, che avvezze sono
     » A ramingar da scaltre, e tal che in fondo
     » Le si ponno chiamar donne di mondo.
Chi podarìa mai dir la confusion
     De quelle do castissime matrone,
     Chi la rabia, e 'l dolor del nostro Adon
     Che in presenza de trenta e più persone,
     Guadagna del macaco a crepa panza,
     E infin dall'osto che una summa avanza.