Pagina:Saggio del dialetto vicentino.djvu/23

Sta pagina la xe stà trascrita, ma la gà ancora da vegner rileta.


Dove. Doghe, ossieno le assicelle che fanno parete alla botte.

Dugali. Così come Degore, denominazione di canaletti di aque. Sul lago d'Iseo usasi pure questa voce. Gabriele Rosa vi riconosce il francese Doche e il greco ΔΟΧΕ. E perchè no il Dantesco Doccia?

E

Ele (vedi Erle).

Eltarle. Voce di luoghi ove sono pietre eminenti, sporgenti. Se ne trovano al Treto, e via via per quelle montagne dei Sette-Comuni. Il Dal Pozzo opina che significhino gli antichi altari di quei popoli.

Era. Aja, luogo di battere il grano. Molti luoghi hanno questa denominazione fra i montanari. Anche a Milano, dice Sonzogno, S. Giovanni in Era ha questa origine.

Erede. Suol dirsi ai figli. Chi questa voce ascolta crede voglia significare che sono gli eredi di casa loro, i futuri padroni, ed è voce usitatissima anche fra il volgo. Il Florilegio Comasco ha provato con molti esempi che vale figli. — Capra con erede o senza erede suol dirsi fra quei popoli per quest'animale con o senza il capretto. Plinio (Lib. XVI. 37) lo applica ai rampolli delle piante. Alui caese densius innumero haeredes prosunt.

Eretenio. Nome del Teatro moderno a Vicenza, perchè posto in riva all'Ereteno, ossia al fiume Retrone, che si vuole avesse in antico quel nome.

Erle ed Ele. Terminazione solita dei cognomi ne' Sette-Comuni quando s'ingentiliscono. Eberle, Monzerle, Cantele, Stengele.

F

Face. Contrazione di Faggetto, nome di molti luoghi nei monti.

Famejo. Nel Vicentino dicesi nel solo caso di nominare il servo del boattiere.

Fatto. Proverbio: Carne de matto guarisce de fatto. Vuol dire l'uomo allegro, poco curante di sua salute, il quale è per lo più vigoroso, guarisce subito i mali suoi, ipso facto. Qualcuno usa dire: guarisce de patto.

Fara. Vocabolo Lombardo, che significa podere appartenente ad una famiglia che con servi ed animali se lo coltiva. Molte sono le Fare nel Vicentino, ed una è nominata fino dal 1148.

Farfujon. Imbrattamestieri. Lo ha il Piemontese, non il Boerio.

Fefo. Voce agricola. Il ramo che parte dal tronco dell'albero.

Fia per Figlia dicesi a Vicenza, come a Venezia; ma mancherei al mio pregiudizio Etrusco, se non avvertissi aver trovato in tal senso questa medesima voce in un sepolcro di quella nazione il Lanzi, Tom. I. pag. 133, edizione di Firenze 1824.

Fievera per Febre.

Figarolo. Nome che nel 1116 avea la contrada di Longare, che oggi dicesi la Commenda (vedi Pagliarino, pag. 159). Questa voce, che il Toscano tradurrebbe Ficajuolo, mostra l'antichità del nostro uso di usare il g e l'r, ov'esso il c e l'j.

Figazzolo, ossia Fegatello, dicesi solo degli uccelli. Questo diminutivo è unico nella sua specie oggidì, perciocchè è perduto l'altro di Vigazzolo, che denominava anticamente i piccoli vici del Territorio. Se Vico è Etrusco, dovrebbe esserlo anche Vigazzolo, e per conseguenza si conoscerebbe la nazionalità di Figazzolo.

Fiora. Nome che si dà alla messa delle frutta della ficaja; onde prima e seconda fiora, cioè primo e secondo frutto suo.

Fir. Per essere modo antico, perdutosi probabilmente con l'influenza Nordica della lingua Teutonica, che per li monti via giungeva fino a Malo. Fir rappresenta il verbo ausiliare Machen. Il Testamento Prote l'ha di spesso: Et debbia l'altar fir messo in la ditta cappella. (Vedi Po far mi.)

Fongara. Nome di un marmo assai bello, brecciato, che trovasi presso la

Traesto fora da Wikipèdia - L'ençiclopedia łìbara e cołaboradiva in łéngua Vèneta "https://vec.wikisource.org/w/index.php?title=Pagina:Saggio_del_dialetto_vicentino.djvu/23&oldid=76280"