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tedrale di Vicenza, pag. 38: In questo marcado non si parla di soffitto.

Martella. Tira para martella. Non trovo nel Boerio questo modo di dire, comune a tutto il Veneto, col quale si esprime la disputa affrettata di due che non s'intendono. Viene dall'arte della scherma.

Maso. Nei tempi di mezzo il Maso era un podere di 20 campi. La Rivista Europea dice che i Tirolesi Italiani chiamano Masi le case (vedi all'anno 1845 pag. 226). Aggiungo che questa voce passa l'Alpi, ed a Schio, cioè ai piè di esse, Maso dicesi, allo incirca nel primo senso, ad alcuni poderetti che conservano questa voce antica. A Schio pure odesi Maso per Maggio, ma così pronunziato in un caso solo, per quanto io so, cioè in quello di età del suino; negli altri casi Maggio pronunziasi Mazo. L'animale di un maso o di due vale d'uno o di due anni.

Maxo e Mado. Modi di pronunciare Maggio ed i suoi derivati. Piantar el mazo è quell'uso che ancor serbasi in alcune ville di piantare un ramo od antano il giorno primo di Maggio per onore di una via o d'una casa, o del ritorno dei fiori (vedi Maso).

Mazzante. Quello tra i carnefici del porco, che l'uccide.

Mea per mia trovasi nelle vecchie scritture vernacole. Il Testamento Proto ha: impento all'arma mea. Mea per zia, l'amia dei Veneziani. — Mea gualiva dicesi la morte, agguagliatrice di tutte le sorti. Trovasi questa frase nelle Poesie di Menon, Begotto e Magagnò.

Molon de butiro dicesi ad una forma di pane di burro.

Menaizzo. Condotticcio.

Merdarolo. Così denominarono i Vicentini il luogo ove sconfissero i Padovani nel 1311. Questo fu l'ultimo dardo che scagliò per Vicenza l'ira municipale, detta del medio-evo. La vincitrice Vicenza fu da poi serva degli Scaligeri, che ajutata l'aveano all'impresa; e così ella pose in istoria la favola del cavallo, che per vincere il cervo chiese soccorso all'uomo; ma questi, dopo averlo favorito, non iscese più dalla groppa sua.

Metterzo in senso di partorire manca al Boerio. È proprio la traduzione di mettre-bas dei Francesi.

Mo in senso di minaccia manca al Boerio. Fare il mo mo ad uno vale intimorirlo.

Mocche. Vezzi, smorfie della persona fuori del suo stato normale e tranquillo. Far le mocche all'aspetto di una medicina è quel ribrezzo che si dimostra in faccia nel prenderla. Far le mocche si dice degli amanti che si vezzeggiano. Fanno le mocche i fanciulli quando si divertono scorrazzando fra loro. Non l'ha il Boerio, bensì il Cherubini e il Ponza.

Mondigolo, La castagna.

Monsù. Storpiatura di Monsieur, con la qual voce il popolo intende un Francese. Al tempo del Regno d'Italia i Tribunali si erano famigliarizzati con essa, ed il Giudice non dimandava altre spiegazioni a chi deponeva un Monsù aver fatto o detto. Era nel popolo usitatissimo l'appellare un Francese: La diga, sior Monsù.

Montisolo. Voce venutaci dai Sette-Comuni, e vale la parte inferiore della bocca. Dal Pozzo, pag. 361, la deriva da Mount, bocca, e seul, colonna; cioè sostegno della bocca.

Moraro. Gelso. I Veneziani dicono Morer. — Le radise del moraro vol sentir le campane a sonar; cioè quest'albero non ama essere profondamente piantato, e prospera vicino alle case.

Morte picchinina chiamasi il deliquio piacevole.

Moscolo. Trottolo cavo, che turbinando ronza come una mosca. Gioco dei fanciulli.

Muscheria. Contrada di Vicenza, nominata dai conciapelli che vi abitavano, detti una volta muschieri. Musc nel dialetto Comasco dicesi al pelo grigio degli animali. (Vedi Florilegio Comasco Politecnico, N.º 38.)

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