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tuazione teatralmente efficace; ma tutt’insieme nè organismo di vita, nè equilibrio d’arte. La natura e i metodi dei due scrittori erano troppo disformi: l’uno amava disegnare preciso e minuto, l’altro procedeva largo, rapido, magari tumultuario e scorretto; ora, lavorando insieme, o meglio insieme improvvisando (perchè il secondo e il terz’atto furono quasi improvvisati) le loro qualità, invece di integrarsi, reciprocamente si menomavano. Un’alleanza di temperamenti contrarî può essere comportabile in amore o in politica; ma in arte, non sembra.

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Durante questo periodo di infecondità drammatica, Riccardo Selvatico si diede a comporre le sue prime liriche dialettali e lo fece quasi a svago e conforto. La brevità loro gli consentiva più facilmente di elaborare lo stile con la finezza agognata e il concetto ch'egli si era formato, a parer mio giustamente, della poesia vernacola, veniva a scemargli la fatica e i dubbî della ricerca. Per lui, infatti, codesta poesia non doveva essere troppo individuale, bensì piegarsi docilmente quel particolar modo di concepire e di sentire che è proprio delle collettività regionali o municipali; non doveva esprimersi in maniera diversa, ma solo in forma più efficace. — Quando — egli mi diceva un giorno — la poesia vernacola presume di tradurre idee e sentimenti troppo raffinati, troppo alieni dalla coscienza locale, essa ha del dia-

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