scuola presso il macello: quasichè il suo cuore, aperto sempre alla brama e alla ricerca del bene, avesse voluto battere l’ultima volta per un’idea di gentilezza umana e di rispetto all’infanzia!
La vita spirituale di Venezia nel periodo di rinnovamento che corre dal 1870 alla fine del secolo fu illustrata da una famiglia di scrittori e d’artisti che io qui non ricorderò, perchè la semplice enumerazione sarebbe troppo fredda, qualche oblio troppo facile e un ponderato giudizio troppo arduo. Ma essa può degnamente riassumersi nei tre nomi coi quali ho esordito: Giacomo Favretto, Giacinto Gallina, Riccardo Selvatico.
Il primo rappresentò schiettamente le sembianze pittoresche dei luoghi e il gaio costume del popolo, riaccendendo nella sua tavolozza una favilla dell’antico sole e nelle sue composizioni un sorriso dell’antica festività. Il secondo velò ad ora ad ora questo sorriso di dolci malinconie, creò una famiglia indimenticabile di tipi nuovi, mescolò alla vita randagia del capocomico i crucci e i tormenti dell’artista moderno. Il terzo, poeta e magistrato cittadino, cantò l'anima mite di Venezia, vestì di parola semplice affetti gentili e concetti severi, fece dell’arte uno strumento di pubblico decoro e di pubblica utilità.
E tre lugubri date resteranno perennemente scolpite nel cuore dei veneziani della mia generazione.
15 giugno 1887. — Sotto le grandi volte ogivali di