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È nel primo descritta la discesa del re Alarico in Italia; nel secondo si narrano le stragi di Atila; nel terzo la fondazione di Venezia; nel quarto il ratto delle Pute veneziane fatto da' Triestini; nel quinto sono descritte zuffe e battaglie navali; nel sesto è il ritorno trionfale delle Novizze in Venezia; e nel settimo le pubbliche feste e le ceremonie instituite per eternarne il trionfo. Questo poetico argomento occupò nel secolo scorso Carlo Gozzi, Sebastiano Crotta e Daniele Farsetti, che lo cantarono essi pure in ottave, e si pubblicò il loro lavoro in Venezia, Tip. d'Alvisopoli, 1819, in 8. Il Dialetto adoperato da Cesare Tebaldi è veramente puro, vero, espressivo, oltre di che non va sprovveduto questo poema di sentenze e di comparazioni felici. Bella è la sentenza nel Canto I.

Dei tristi la coscienza è calamita
Che del peto i rimorsi tira fuora.

Bella l'altra nel Canto II.

Chi da l'acqua bogente è stà scotai
I teme de la freda s'i è bagnai.

Bella la seguente comparazione nella stanza 45 del Canto I.

     Come toro che 'l can ghe zira întorno
E se buta a la rechia per chiaparlo,
Volta, salta, mugisse, e con el corno

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