interi Canti, co' quali in fine si raccomanda onde ottener compassione e corrispondenza. La ottiene, e diventa suo sposo. Naspo nel Canto Primo così comincia a rimproverar Cate:
Ingrata, senza fe, piena de ingani,
Credeva calche tempo ti me amassi,
Che calche volta ho visto amarse i cani;
Ma in darno ho perso el tempo, ho perso i passi
Con tante mie fadighe e tanti afani.
Adesso fuor del porto ti me lassi
Travagiao da fortuna e da tempesta
E a la bonazza ti vardi la festa.
Naspo è anche qualche volta sentenzioso, e mostra buon senno. Ecco un'ottava che si legge nel Canto Quarto:
Natura ghe ne incalma de ogni sorte
Con varj visi e bizari cerveļi ;
Chi nasse venturao, chi ha trista sorte
Co piase a chi governa el mondo e i cieli;
Quei che no stima per l'amor la morte.
Richi se pol chiamar graziosi e beli,
Chi xè vilani incalmai da natura
Sarà poltroni in fina in sepoltura.
Alessandro Caravia pubblicò colle stampe anche un Poemetto intitolato il Sogno; Venezia, Nicolini da Sabbio, 1541, in 4, ma non è scritto nel veneziano Dialetto.