Pagina:Sonetti fatti adesso da nevo da un de Sottoriva.djvu/9

Sta pagina la xe stà trascrita e rileta.

                    Le invidiose se zuffa:
Perche le sa che la natura è quella
134Che la fa costumà, gratiosa, e bella.
                    Do recchie la g'ha ella
Rosse, sbrasente, e ben proportionè,
137Mai viste le pi belle, ampo ghe nè.
                    Mo vedì, e xaminè,
La gola è n'alambastro, e 'l petto un latto:
140con du pani de smalso noma fatto.
                    El resto l'è retratto
Da la istessa vertù, che 'l mondo honora,
143Le man bianche, e facente, che lavora.
                    O gratiosa signora
Perche non songi Omero, ò Ciceron,
146Per dir mei quanto è in vù de bello e bon,
                    Che so che al palangon
De belezza vù si un'Helena Grega,
149Vertù che a Penelope no ghe pega.
                    Le opere nol denega,
Vù somegie na Lugretia Romana
152Fidela, honesta quanto una Sosana.
                    L'affettion no m'ingana:
Cognosso ancha mi el pan via dalle stele,
155El veludo dal grifo, e da le pele.
                    G'invidij con novele
Giè com'e'l corvo e corva induta e magra,
158Se i fieli è grassi, col becco i gi smagra:
                    I ghe fa po dar l'agra,
I pia la volta longa, e co'l so inganno
161I gaba Pero, Pol, Francesco, e Zanno:
                    No faravo assè un'anno,
Chi voles dir le gran capocchiarie,
164Che se fa a petition de ste genie.

Traesto fora da Wikipèdia - L'ençiclopedia łìbara e cołaboradiva in łéngua Vèneta "https://vec.wikisource.org/w/index.php?title=Pagina:Sonetti_fatti_adesso_da_nevo_da_un_de_Sottoriva.djvu/9&oldid=65301"