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Nuova luce sulla antica letteratura dialettale triestina recarono poi le reliquie ladine scoperte da Attilio Hortis nelle carte triestine del 1550, le quali, come accenna il Cavalli, che le diede alla luce, stabiliscono l'anello di continuità dialettale fra il secolo decimosesto e la fine del secolo decimottavo.

Tra queste carte, evvi un poemetto satirico inedito che, secondo il Kandler, sarebbe del 1619, secondo l'Hortis non posteriore al 1709.

Come già fu accennato, tale dialetto andò poi lentamente estinguendosi, resistendo peraltro parzialmente in certi modi di dire e in certe forme grammaticali, come, ad esempio, nel ti son, derivato dall'antico triestino tu sons, che si riscontra nei Dialoghi del Mainati.

E le correnti veneziane furono così forti che nella prima metà del secolo scorso, come già accennammo, a Trieste si verseggiava quasi soltanto in veneziano.

Negli ultimi giorni di carnevale il lazzo satirico e mordace della musa popolaresca scoppiettava per bocca di Arlecchino, e per questo non inglorioso erede dell'antico Macco latino, un uomo di acuto ingegno e di vivace spirito: il dottor Lorenzo Miniussi, componeva madrigali e strambotti.

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