Modesto ma appassionatissimo cultore di studi, si fece conoscere per una diligentissima versione in dialetto triestino del primo Canto della Divina Commedia, versione alla quale egli dedicò i giorni più preziosi della sua vita. La vide e la approvò Attilio Hortis; se ne interessò Guido Mazzoni: Silvio Benco la volle stampare (prima di allora era rimasta affatto inedita) nel fascicolo IV di data 20 luglio 1918 del suo periodico letterario Umana, premettendovi questa annotazione: «Crediamo di non ingannarci affermando che questo rifacimento dantesco è destinato a restare, per proprietà dialettale e nerbo e vivacità di espressione, uno dei migliori cimelii del dialetto di Trieste tra lo scorcio del secolo decimonono (fu scritto nel 1889) e il principio del nuovo secolo». Durante la guerra, lo Stolfa scrisse parecchi versi patriottici, che sono tuttora inediti e che faranno parte di una raccolta, intitolata: Sfoghi e pronostici in tempo de guera (1914-1918). Da questa raccolta togliamo un sonetto, scritto nel marzo 1915, mentre la città di Trieste aspettava, ansiosa, l'intervento dell'Italia.