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A Trieste, come altrove, ma anche più forse che altrove, il dialetto della borghesia si differenzia da quello parlato dal popolo. Piccole diversità di suoni, di costruzione grammaticale e anche di terminologia, si riscontrano anche fra un rione popolare e l'altro. In qualche quartiere si avvertono piccoli resti di tradizione friulana o ladina; in altri, desinenze e vocaboli più simili al veneto. Comunque, riteniamo che il vernacolo triestino sia, in generale, uno dei più accessibili a tutti. È più rude del veneziano, e, se vogliamo, anche più sgrammaticato, e diversifica da quello sopratutto nella desinenza della terza persona dei verbi della seconda e terza coniugazione al presente indicativo. Mentre il veneziano dice: «la capisse, la vede», il triestino dice: «la capissi, la vedi». Ma nonostante la presupposta accessibilità del dialetto triestino ai più, abbiamo ritenuto opportuno di corredare ogni singolo componimento poetico contenuto in questo volume, di note esplicative, atte a chiarire il significato dei vocaboli che più si scostano dalla lingua letteraria.

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E ci sarà appena bisogno di accennare ora allo scopo prefissosi dal compilatore di questo

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