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istriani ed a vecchi triestini. A proposito dei suoi versi triestini, peraltro, egli avverte espressamente che riproducono il dialetto parlato dalla borghesia. Con questa distinzione il Padovan fece una ristampa dei suoi versi, aggiungendone molti altri, nell'anno 1885 (coi tipi di Giovanni Balestra), e dopo la sua morte il nipote di lui, l'egregio prof. Guglielmo Padovan, con rispettoso amore e con assidua cura raccolse gli scritti editi e inediti del compianto poeta in due bei volumi (Stab. art. tip di Giuseppe Caprin, 1899), il primo dei quali è dedicato appunto alle Rime triestine e istriane; il secondo a scritti vari, riuniti sotto il titolo Miscellanea.

Il Padovan a torto, mi sembra, fu paragonato al Nalin. Egli è molto più castigato e più fine. La sua arguzia non trascende mai per dare un tuffo nella volgarità. Almeno nei sonetti dati alle stampe. Se si considerano quelli ch'egli leggeva sotto voce a pochi amici, è altra cosa. Forse egli assomiglia piuttosto allo Zorutti nello studio dei tipi comici, ma non è mai paesaggista. I suoi sonetti per lo più sono ritratti, colti dal vero, abbelliti da una singolare ricchezza di immagini e osservati con una lente alquanto caricaturale. E vi campeggia un umorismo sàpido, uno spirito, seppur bonario, incisivo e penetrante. Il lettore lo vedrà dai saggi che gli presentiamo.

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