Orazio. (onesta figura di vegliardo, prossimo alla settantina, ma ancora vegeto e sano. Povero, ma pulito, egli ― malgrado la cecità ― è sempre sereno e, nella parola e nei gesti, sicuro e disinvolto.
Entra lentamente dal fondo, guidandosi col bastone e facendo scherzosamente l'atto di fiutar l'aria. Quindi, con voce grossa e cadenzata): Hin... hin... hin... Sento odor da cristianin... (Si arresta e, volgendosi verso le ragazze) Chi xe qua, che ga invaso el mio regno superno? (E prima che quelle possano rispondere) Sito! Sito! che indovino da mi. (Liseta tossisce, e lui raddolcendo il tono) Ah eco! questa, intanto xe l'amabile Liseta, un poco rafredada... E co chi xela? Col mio Gigi no, perchè no la sento a rider... Ah! se move un'altra cotoleta e se spande del profumo de... viola... Go capio, roba lisiera: la signorina Ermenegilda!
Gilda. (correggendo, manierata) Gilda, prego.
Orazio. Ah za: Gilda! Dunque più lisiera an-