Per lori del gran rischio semo fuora
De magnarse l'un l'altro, e crudi e vivi,
E la nostra Città la và per sora
De quanto el blocco ne tegniva privi;
Per lori xe spuntà la bell'aurora
De libere partenze, e lieti arrivi,
E xe restituido all'atto pratico,
Spezzada la caena, l'Adriatico.
Per lori da un abisso el più profondo
Tante nazion alzerà sù la testa,
Formando un bel spettacolo giocondo,
Come l'Iride dopo la tempesta:
Domar l'orgoglio, e dar la Pace al mondo
Qual opera ghe xe maggior de questa:
E chi mai puol lodar quanto convien
I Autori coronai d'un sì gran ben?
Piacque all'Autore di scrivere questo Componimento, che uscir doveva in luce non pochi giorni prima, nel suo dialetto Veneziano, ma non Venezianissimo: anzi si permise alcune voci Toscane, o all'opportunità della desinenza o a quella del miglior suono del verso. Questo arbitrio non riuscirà discaro alle orecchie avvezze alla estemporanea forense eloquenza, che l'usa felicemente; ma sarà forse biasimato da quei che scrivendo nel nostro vernacolo s'attengono più al suo gergo, che a quella italiana eleganza di cui è suscettibile.