Scherzo per Nozze Valmarana

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Scherzo per Nozze Valmarana

 Edission original:   

Collezione delle migliori opere scritte in dialetto veneziano, Volume ottavo: Poesie di Pietro Buratti, a cura de Bartolommeo Gamba, Venezia, al negozio di libri all'Apollo, dalla Tipografia di Alvisopoli, 1817

 Fonte:

Indice:Collezione delle migliori opere scritte in dialetto veneziano 8.djvu

Edission e fonte ▼
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SCHERZO


RECITATO ALLA TAVOLA


DELLA CONTESSA MANGILI


PER LE NOZZE VALMARANA 1


Mia mare Vitoria,
     Che Dio l'abia in gloria!
     (L'è un pezzo de storia
     Piutosto vechieto,
     Ma pur l'è boneto!
     Andava in sacheto
     Col mio tabarièlo;
     In soma putelo
     Su i dodese al più.
Tenudo a le strete
     Apena do orete,
     El zioba col Prete
     In piazza baucava,

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     O in chiesa a la Fava;
     E dopo tornava
     In casa, e de là
     No gera molà
     Che dopo oto dì).
Fin qua tra parentesi;
     Ma torno a la storia.
     Mia mare Vitoria
     El dì de Domenega
     In gala, ben messa,
     Voleva che a Messa
     Andasse al so fianco,
     Pregando sul banco
     Con gran devozion;
E dopo slo bagolo
     (Xe longa la storia)
     Mia mare Vitoria
     Diseva: Fio mio,
     Andemo con Dio;
     In gondola a un remo
     Za presto ghe semo.
     In Volta podemo
     De longo sbrissar.
E beli in candela,
     La vechia putela,
     Alora una stela,
     (So quel che ve digo)
     La gran Mocenigo

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     Mugier del Testori,
     Che da que la volta
     Ancora xe in Volta,2
     Se andava a inchinar.
E strada facendo,
     Mia mare Vitoria,
     Che Dio l'abia in gloria!
     Me andava disendo:
     Rifleti, Pierin,
     Che la in quel Casin
     No gh'è che Zelenze;
     No fàme indecenze
     E stame vicin.
Colpìo da la predica
     Pareva un modelo
     Cascà zo dal Cielo,
     Ma el cuor me tremava:
     Che caro putelo,
     La Dama zigava,
     Che muso da bon!
     Metève al balcon,
     No abiè sugizion.
Co un poca de boria
     Mia mare Vitoria
     Tra quei zentilomeni,

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     (Che in fondo xe omeni)
     Vedeva so fio
     Un poco ispaurìo
     Dar segni imaùri
     De i fruti maùri
     Che dopo à sbrocà
Finìo sto spasseto,
     Mì (sempre in sacheto
     Da gran cortesan)
     Davanti a mia mare,
     Mia mare Vitoria,
     (So' al fin de la storia)
     Persone più care,
     Perchè più a la man
     Andava a trovar.
No vogio a sto passo
     Descriver per chiasso
     Le vode parole
     De certe cariole,
     Per altro lustrissime,
     Medagie antighissime
     Andae tute in cenere,
     Che alora assae tenere
     Butava con mi.
Go ben a memoria
     (Gran forza del Belo!)
     E gera putelo!
     Che se qualche festa

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     Mia mare Vitoria
     Più umana de testa
     Da Vu me portava,3
     Oh Dio! respirava,
     Contessa, el mio cuor.
Nè certo da gnoco!
     Che geri un bel toco,
     Nè iperbole gh'è;
     E ancora gavè,
     Contessa, quel che....
     Ma torno a la storia:
     Mia mare Vitoria
     (El come nol so,
     Che dati no go)
S'aveva piantà
     In testa, e fissà
     Che de parentà
     Ghe xe tra de nu
     Un grado, ma in su.
     Lo credo.... sarà...
     Ma el fio d'un Banchier4
     L'ajuto de l'Albero

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     In casa no ga.
So ben che piacer
     Me da sto pensier.
     E ancora, suposto
     Ch'el fusse un gran rosto,
     Me godo, me cocolo
     Sto grado nascosto;
     E da la so gloria
     Mia mare Vitoria
     Ringrazio de cuor;
Che senza sto titolo
     Nè vose in capitolo,
     Nè logo in sto sito
     Ancuo gavaria,
     Per farghe in poesia
     Un Brindese ai Sposi,
     Che freschi e amorosi
     No i ga che 'l delito
     De andarne lontan.
De amor l'inclemenza
     Li vol a Vicenza.
     Che dura sentenza!
     Ma posto che al termine
     Mi son de la storia
     Finisso, pregando
     Mia mare Vitoria
     D'un estro più grando
     Co nasse un putin.




Note
  1. Troppo ci vorrebbe a mettere nel suo vero lume questo piccolo scherzo di qualche effetto nell'occasione, ma forse di nessuno per chi non è a parte di alcune rigorose costumanze che accompagnarono la prima educazione dell'autore.
  2. Casino sotto le Procuratie vecchie della Dama accennata.
  3. Apostrofe alla contessa Mangilli conosciuta dal poeta quando era sposa.
  4. L'albero genealogico e una pianta sconosciuta all'umile razza dei negozianti cui apparteneva l'autore prima di ribellarsi a Pluto per far lega disgraziatamente con Apollo.
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