Giulieta e Romeo (1905)/Note
Edission original: |
Berto Barbarani, Giulieta e Romeo, Milano, Luigi Ronchi, 1905 |
Fonte: |
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Àdese ― Il fiume Adige, che scendendo dal Trentino, traversa Verona nel mezzo, passando sotto ponti già romani e scaligeri, in vista delle chiese migliori della scuola bizantina e romanica.
Castel San Piero ― Già Campidoglio, poi castello di Teodorico.
- «Sul Castello di Verona
- batte il sole a mezzogiorno».
- Carducci.
Ora caserma di costruzione austriaca.
Sconti ― nascosti.
Avì ― avete.
1. El zugo del capèlo ― Il giuoco del cappello o giuoco del torcio. «Facendosi questo giuoco fu Romeo levato da una donna: il quale entrato in ballo fece il dover suo e dato il torchio ad una donna andò presso a Giulietta e quella prese per mano con piacere inestimabile di tutte e due le parti».
Matteo Bandello.
Vendri Gnocolar » Il venerdì del gnocco, nel carnevale di Verona.
II. Sbafador – mangiatore a ufo.
Arente – vicino.
Uda – vuota.
Ingiassè – ghiacciate.
III. Da pampalugo – da zimbello, e nel caso del giuoco del torchio ― da portalumi.
IV. Monte Baldo.
«El Monte baldo par dormir se chieta —
e no ghè sengia ò àlbara o stradeta,
che no se senta l'anima striada;
E alora svelte ciapa su la strada,
proprio in contro a Verona, che le speta,
le ariete fine che me fa poeta....».
- (Canzoniere veronese, del m. a.)
Vu che me avì impissà – voi che mi avete acceso.
Come vu lo fè – come voi fate.
Piassè – più.
Asèdo – aceto.
Magno – mangio.
Fraga – fragola.
Trosi – sotterfugi.
Copi – tegole.
Rugolar – rotolare.
Sono notissime le discordie di queste due famiglie in Verona nel 300.
- «Vieni veder Montecchi e Capelletti».
- (Dante).
- «Vieni veder Montecchi e Capelletti».
San Zeno ― Popolarissimo ed antico rione popolare, dove sorge la famosa basilica.
Che el se descanta ― che si spicci, che faccia presto.
Sighi ― grida.
Te copo ― ti ammazzo.
Massa ― troppi.
I. Che gria ― che grilla.
Dala nana ― dal sonno.
Se desmissia ― si svegli.
II. Ve ne vôi ― ve ne voglio.
Fème ― Fatemi.
III. Mugiere ― moglie.
Volìo ― volete.
IV. Rissolinade ― fatte a riccioli.
El me comando ― il mio padrone.
Pur che andemio ― pur che si vada.
V. Spampàna ― si sparpaglia.
Paltan ― pantano.
Cunadi ― cullati.
Squassa, scuote ― scuotono.
Ninsol ― lenzuolo.
A ponto ― appunto.
La me sa ― la mi sembra.
Dême ― datemi.
Stòfega ― soffoca.
Ampòla ― fiala.
Ve catarè ― vi troverete.
Dolsa ― dolce.
Val Polesèla ― Val Policella, celebre valle veronese.
Che ghe scurta ― che gli scorcia.
Giara ― ghiaia.
Sèse ― siepi.
Cioche ― chioccie.
Vanèse ― coltivazioni di ortaglia.
Scavissando ― scavezzando.
Che ciapa ― che prendono.
Carghe ― cariche.
Nio ― nido.
«Piassè bela de Dio ― frase comune nella parlata affettuosa: Te si più belo de Dio, esclama la madre palleggiandosi il bambino fra le braccia.
Camposanto de Giulieta: Taiada ― tagliata.
Ben tornìo ― Ben tornito.
Fè a pian ― fate a piano.
Sul significato ed onore che teneva il rosmarino nel Medio Evo, devo alla vasta coltura del carissimo cugino prof. Emilio Barbarani, le seguenti ricerche:
«Rosmarinus ― pianta, che tra altro, ha virtù di muovere amore negli animi».
(erbario del 900).
«Simboleggia amore nascosto, e di esso servesi spesso il demonio per accendere fiamme di impuro fuoco nei giovani cuori».
(erbario del 1000).
«Le sue foglie sono utili in medicina e vi fu chi con esso guarì mali d'amore negli animi. I gentili lo facevano sacro a Venere».
(erbario del 1200).
(Le Clair ― saggio sui bestiarî ed erbarî).
«Tra le piante che più erano care ai giovani cavalieri ed alle dame, erano il basilico e il ramerino ― e spesso si usava per foglioline o ramoscelli d'esso, di significare che li portava amore e chiedeva».
(Redi ― lettere).
«Anche il nostro Alamanni fa del ramerino miglior lode che d'ogni altra pianta nominata nel 5 della sua coltura, lo dice verde, e vivo e fiorito. I Greci chiamavanlo libanotis che vale albero del profumo e dell'olezzo puro».
(Redi ― lettere).
«Rosmarino e basilico furono nel trecento e nel quattrocento sinonimi in parecchi dialetti nostri, come si può vedere nella poesia popolare e in alcuni di quelli che la imitarono in arte quali A. Poliziano e Lorenzo de' Medici».
(G. Grassi ― Saggio sui sinonimi).
Ma miga ― ma non.
In senton ― il porsi a sedere di chi stava prima supino.
Smorsando ― spegnendo.
III. Che se segnava ― che si facevano il segno della croce.
Batacolo ― battaglio.
Losa ― loggia.
Poro ― povero.
IV. Bandoti ― recipienti per il latte.
Vèrse i becari ― i macellai aprono bottega.
Manuai ― così si denominano i garzoni muratori.
Sifola ― zuffola.