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NOTE




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VERONA.


Àdese ― Il fiume Adige, che scendendo dal Trentino, traversa Verona nel mezzo, passando sotto ponti già romani e scaligeri, in vista delle chiese migliori della scuola bizantina e romanica.


Castel San Piero ― Già Campidoglio, poi castello di Teodorico.

«Sul Castello di Verona
batte il sole a mezzogiorno».
Carducci.

Ora caserma di costruzione austriaca.


Sconti ― nascosti.
Avì ― avete.


NOTE PRIMA.


1. El zugo del capèlo ― Il giuoco del cappello o giuoco del torcio. «Facendosi questo giuoco fu Romeo levato da una donna: il quale entrato in ballo fece il dover suo e dato il torchio [p. 106 modifica]ad una donna andò presso a Giulietta e quella prese per mano con piacere inestimabile di tutte e due le parti».

Matteo Bandello.


Vendri Gnocolar » Il venerdì del gnocco, nel carnevale di Verona.

II. Sbafador – mangiatore a ufo.

Arente – vicino.

Uda – vuota.

Ingiassè – ghiacciate.

III. Da pampalugo – da zimbello, e nel caso del giuoco del torchio ― da portalumi.

IV. Monte Baldo.

               «El Monte baldo par dormir se chieta —
                    e no ghè sengia ò àlbara o stradeta,
                    che no se senta l'anima striada;
                    E alora svelte ciapa su la strada,
                    proprio in contro a Verona, che le speta,
                    le ariete fine che me fa poeta....».

(Canzoniere veronese, del m. a.)

Vu che me avì impissà – voi che mi avete acceso.

Come vu lo fè – come voi fate.

Piassè – più.


NOTE SECONDA.

Asèdo – aceto.

Magno – mangio.

Fraga – fragola.

Trosi – sotterfugi.

Copi – tegole.

Rugolar – rotolare. [p. 107 modifica]


CAPELETI E MONTECI.

Sono notissime le discordie di queste due famiglie in Verona nel 300.

«Vieni veder Montecchi e Capelletti».
(Dante).

San Zeno ― Popolarissimo ed antico rione popolare, dove sorge la famosa basilica.

Che el se descanta ― che si spicci, che faccia presto.

Sighi ― grida.

Te copo ― ti ammazzo.

Massa ― troppi.


NOTE TERZA.

I. Che gria ― che grilla.

Dala nana ― dal sonno.

Se desmissia ― si svegli.

II. Ve ne vôi ― ve ne voglio.

Fème ― Fatemi.

III. Mugiere ― moglie.

Volìo ― volete.

IV. Rissolinade ― fatte a riccioli.

El me comando ― il mio padrone.

Pur che andemio ― pur che si vada.

V. Spampàna ― si sparpaglia.

Paltan ― pantano.

Cunadi ― cullati.

Squassa, scuote ― scuotono.

Ninsol ― lenzuolo. [p. 108 modifica]


CONFESSION DE GIULIETA.

A ponto ― appunto.

La me sa ― la mi sembra.

Dême ― datemi.

Stòfega ― soffoca.

Ampòla ― fiala.

Ve catarè ― vi troverete.

Dolsa ― dolce.

Val Polesèla ― Val Policella, celebre valle veronese.


CAVALCATA DE ROMEO.

Che ghe scurta ― che gli scorcia.

Giara ― ghiaia.

Sèse ― siepi.

Cioche ― chioccie.

Vanèse ― coltivazioni di ortaglia.

Scavissando ― scavezzando.

Che ciapa ― che prendono.

Carghe ― cariche.

Nio ― nido.

«Piassè bela de Dio ― frase comune nella parlata affettuosa: Te si più belo de Dio, esclama la madre palleggiandosi il bambino fra le braccia. [p. 109 modifica]


NOTE QUARTA.

Camposanto de Giulieta: Taiada ― tagliata.

Ben tornìo ― Ben tornito.

Fè a pian ― fate a piano.


SOGNO DEL ROSMARIN.

Sul significato ed onore che teneva il rosmarino nel Medio Evo, devo alla vasta coltura del carissimo cugino prof. Emilio Barbarani, le seguenti ricerche:

«Rosmarinus ― pianta, che tra altro, ha virtù di muovere amore negli animi».

(erbario del 900).

«Simboleggia amore nascosto, e di esso servesi spesso il demonio per accendere fiamme di impuro fuoco nei giovani cuori».

(erbario del 1000).

«Le sue foglie sono utili in medicina e vi fu chi con esso guarì mali d'amore negli animi. I gentili lo facevano sacro a Venere».

(erbario del 1200).

(Le Clair ― saggio sui bestiarî ed erbarî).

«Tra le piante che più erano care ai giovani cavalieri ed alle dame, erano il basilico e il ramerino ― e spesso si usava per foglioline o ramoscelli d'esso, di significare che li portava amore e chiedeva».

(Redilettere).

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«Anche il nostro Alamanni fa del ramerino miglior lode che d'ogni altra pianta nominata nel 5 della sua coltura, lo dice verde, e vivo e fiorito. I Greci chiamavanlo libanotis che vale albero del profumo e dell'olezzo puro».

(Redilettere).

«Rosmarino e basilico furono nel trecento e nel quattrocento sinonimi in parecchi dialetti nostri, come si può vedere nella poesia popolare e in alcuni di quelli che la imitarono in arte quali A. Poliziano e Lorenzo de' Medici».

(G. GrassiSaggio sui sinonimi).


Ma miga ― ma non.

In senton ― il porsi a sedere di chi stava prima supino.

Smorsando ― spegnendo.

III. Che se segnava ― che si facevano il segno della croce.

Batacolo ― battaglio.

Losa ― loggia.

Poro ― povero.

IV. Bandoti ― recipienti per il latte.

Vèrse i becari ― i macellai aprono bottega.

Manuai ― così si denominano i garzoni muratori.

Sifola ― zuffola.

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