Marinela
Edission original: |
Giuseppe Coletti, Poesie postume in vernacolo veneziano, Venezia, Gattinoni, 1889 |
Fonte: |
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- «Vardeve da l'amor ragazzi e pute
- »Chè sta bardaza ghe ne fa de brute.»
- (Novo Schieson del 1760).
Era notte e già la luna
Fra le solite candele (1)
Stava in cima al campaniele
Come un punto sora un i.
Una fronda non stormiva,
Una pace era il creato (2),
Non s'udiva che il mossato
Ed il grillo a far gri-gri.
E in quell'ora Marinela
Sotto un salice piangente
Stravacata mollemente
Querelavasi così:
(3) «Casta Diva che inargenti
Questi broccoli noveli
Deh! mi scopri ove si cêli (4)
Fridolin mio dolce amor.
»Scorsa è l'ora e ancor non viene!...
Lo spergiuro m'ha impiantata»
― E la bella fidanzata
Toccò l'arpa del dolor! (5)
«Egli infido?.. ah! no; si opone
All'affetto che ci accese,
Per la spuzza del marchese
L'orgoglioso genitor,
»Chè per nuora egli disdegna
Una povera sartora...
Ed io vivo?... ah! no; si muora
Pria che uccidami il dottor.»
Disse e in man chiapò la forfe
Che portava al fianco cinta
E tre volte fece finta
Di ferirsi e non ferì.
Muto, muto, intabarato (6)
Sino ai ochi un'omo apparse;
Marinela nel voltarse
Diede un cigo e tramortì.
Lo stranier gittò il mantello
Cadde ai piè de la so bela
E le disse: «Marinela,
No ti vedi che so mi?
Da te lunge idolo mio,
Mi trattenne il padre irato,
Ma di gabbia son scampato
E son qua vicin de ti.
La svenuta sospirando
Parea dire «Berichino!..»
E ad un fosso Fridolino
D'acqua fresca la sbrufò! (7)
E baciolla: La pudica
S'incarnò come una rosa:
Fece un poco la ritrosa,
Ma po dopo si calò.
Ad un tratto il ciel s'oscura
Tonegiò ed alfin piopete,
E tra i lampi, le rachete
Furon viste a spassizar.
«Ah! fuggiam; mio ben fuggiamo
Mugge intorno la procella:
Vien co mi.» - Spiegò l'ombrella
E in un antro la guidò.
Ivi giacquero la notte,
Non cessando la bufera.
Duro letto fu la tera
Ma l'amor lo petenò.
Marinela sognò spetri
Precipizi, lastre rote
E sentì tuta la note
Sulle coste el pesariol.
Spuntò l'alba che diffuse
Le sue tinte imporporate
E le luci impetolate
Marinela sfregolò.
Volle alzarsi ma ricadde
Come casca un saco vodo:
Senza un vovo, senza brodo
Chi no andrebbe in squaquachiò?...
E al garzon che ronchizava,
Col suo alito d'aroma,
Co le spire de la chioma
Fece spizza e lo svegiò...
Suona un corno, s'ode alcuno
Sbotegar per la vallata...
S'avvicina una pedata...
Sponta un musso e un cavalier.
Era il padre che scorgendo (8)
Co la squasi il figlio allato
E sporcato il patriziato
Non può l'ira trattener.
Corse un brivido ne le ossa
A la coppia scaturita,
E de l'atrio sull'uscita
Fiero il padre si piantò.
Arse d'ira e furibondo:
«Figlio indegno, t'ho squagiato!
Mori» disse e dito fato (9)
Lo scannò col temperin.
Il trafitto giovanetto
Patatunfete cadette
Come un asso sul tressette
Co se bate el matador (10).
E tremante tirò fora
No so che da la scarsela
Indi fece a Marinela,
Sto legato in ton minor.
«Cara, i sospiri teneri
Il vento non sperdè.
Tu li facesti nascere
Li rancurai per te.
Eccoli in questa ponga
Ridoti in consumè.
»Dono leggero, povero
Ti aceterà el bon cuor
Son figlio de famegia
Nè ho molto da dispor.
»E questo fazoleto
Da naso col gropeto
Caldo de le mie lacrime,
Tepido del mio sangue
Fredo del mio suor
Tienlo in scarsela, cara
Qual ricordanza amara
D'un infelice amor.
»E avrai nel sen scolpito
— Se fiapo il sen non è —
L'amante tuo trafito
Invece de bochè.
»E se mai qualche sguatera
O qualche lavandera
Turbasse le mie ceneri
E la pietosa tera,
Vendica del so scovolo
L'atto profanator
E spargi sul mio tumulo
Due lagrime ed un fior.»
Nè più disse, fè un sberlefo, (11)
Voltò gli occhi stralunati
Sprigionò gli ultimi flati
Mandò un gemito e crepò.
Marinela disperata
Si ficò due dita in gola
E per ultima parola
Fridolino rigetò.
Sentì il padre ad arricciarsi
La paruca sgrendenata;
Tirò i cai de la cravata
E a un'ancino si picò.
Ed in piazza il vendistorie
Con la vita di Bertoldo
La canzone per un soldo
In tal modo pubblicò;
«Novissima e curiosa canzoneta
»Scrita adeso da un celebre poeta
»Sopra un tremendo caso che fu nato
»De un picato, un scanato, un strangolato (12)
»La val un soldo la bela storiela
»E la xe intitolada Marinela. »
Della Marinela m'ebbi sott'occhio tre autografi con le varianti:
(1) A gran lampada simile
Pendea sopra il campanile
Come un punto ecc.
(2) Sol ronzar s'udia il mossato
E il cantore del cri-cri.
Ed ancora:
Solo il grillo era svegliato
E cantava: cri-cri-cri.
(3) Dopo un lungo attender vano
Stravacata mollemente
Sotto un salice piangente ecc.
(4) Col tuo raggio mi riveli
La paturnia del mio cor.
(5) Fridolino! Fridolino!..
Lo spergiuro m'ha impiantata.
Da quel zorno che l'amai
Quanto mai l'amar mi costa!
Co la zonta de l'imposta
La me mangia il capital.
Ah! quel cane di suo padre
Non mi vuole per sua niora!...
Ed io vivo? ah! no, si muora
Sono stufa di soffrir.
(6) Tutto chiuso intabarato
Un incognito si avanza
Marinella tra speranza
E timore tramorti.
(7) La svenuta sospirando
Con lo sguardo lo rampogna
E con l'acqua di Cologna
Amoroso la sbruffò.
In quell'estasi d'amore
Dense nubi il ciel aduna,
Chiuso è il raggio de la Luna
Nè più stella in ciel appar.
(8) Era il padre che cercava
Del fuggiasco suo figliuolo.
Stracco stracco, molo molo
Sostenuto dal brachier.
(9) Ad un vecchio temperino
Forsennato dà di piglio
E alla gola preso il figlio
Come un pollo lo scannò.
Cadde il misero e a l'amica
Volto, disse in ton pietoso:
Volea vivere tuo sposo
E tuo sposo morirò.
E la mano a lui porgendo
Tutto in pianto ed in lamento
Fece a voce un testamento
E un legato le lasciò:
Altra variante:
Di me, povara diavola
Ti resti almanco el fia.
(10) Vuol le mie fredde ceneri
Far boggiar in caldiera,
Pietosa tu difendile
Metighe su un pianton
E da l'averto tumulo
Me levarò in senton.
(11) Nè più disse; fè un sberleffo
Voltò gli occhi stralunati,
Sprigionò gli ultimi flati
Mandò un gemito e sbalò.
Ed anche:
E qui un grizzolo lo assalse
Gli tremavano i zènochi,
Fe' un sberlefo, voltò gli ochi
Tirò un ventolo e spirò.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
(12) «Questa la ghe descrive
Qualmente la xe stada
E la xe intitolada:
«In quel'ora Marinela
Soto un salice piangente
Stravacata molemente
Querelavasi
«Da quel zorno che l'amai
Quanto mai l'amor mi costa
E co la so belissima risposta!... «