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Qualità del testo: sto testo el xe conpleto, ma el gà ancora da vegner rileto.
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ROMANZA PER SOPRANO.

Et dabo duobus testibus meis.

Apoc., XI, 3.


CANTANDO il mio mottetto
     E il Gloria in fa minor,
     Trovai nostro Signor
                    Solo, in rocchetto.

Ed io sovra il suo passo
     Mi posi in ginocchion,
     Pieno di devozion
                    Col capo basso.

Quando mi venne a tiro,
     Gli dissi: «Santità,
     «Di grazia...» E lui mi fa
                    — «Stele, che miro!

«No 'l staga sul piancito
     Col fronte in zò cussì!
     Alto, e davanti a mi
                    La staga drito!

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«Me ne compiaso, salo!
     Mo bravo in verità!
     Ancuo la gà cantà
                    Megio de un galo!

«Ch'el diga a vose franca
     Che mi l'esaudirò.
     Bravo sentimo un po';
                    Cossa ghe manca?
«L'arte xe bela e bona,
     Ma induse in tentazion
     E mette in relazion
                    Con qualche dona;

«Ma spero caro mio,
     Che la rispeterà
     La santa castità
                    Che piase a Dio.

«E zerto ch'ela pregia
     Sta noblle virtù,
     Lo benedisso lu
                    Con la famegia.

«Ghè dono un agnus dei
     Novo per la muger
     E el busto de San Pier
                    Per i putei!»

Sorrise e poi mi diede
     La sua benedizion,
     Volse il settentrion
                    E se ne andiede.

Così finì l'udienza
     Con quel discorso, che
     Diretto proprio a me...
                    Basta: pazienza!

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