1922
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Edission original: |
Berto Barbarani, I sogni, 3° Canzoniere, Verona, Mondadori, 1922 |
Fonte: |
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I primi studiosi che identificarono la «Dona Lombarda» con Rosmunda, regina dei Longobardi, furono all'insaputa l'uno dall'altro Cesare Correnti nel «Nipote del Vesta Verde», (1856) e Costantino Nigra.
Cesare Correnti, così scriveva: «Come non fremere alla funerea melodia della romanza di «Dona Lombarda» e che è quasi un languido ricordo della terribile Rosmunda?»
Costantino Nigra, due anni dopo, s'accinse ad assegnare a «Dona Lombarda» il posto d'onore, nel suo poderoso volume di Canti Popolari del Piemonte1 «Per la tragica altezza dell'argomento e per l'efficacia con cui questo è svolto — la canzone di «Dona Lombarda» può sostenere il paragone coi più lodati modelli della poesia popolare di ogni paese». E ancora: «In tutte o quasi tutte le lezioni — sieno esse Piemontesi, Lombarde, Emiliane, Venete, Marchigiane, Toscane o Romane, ricorre il nome di «Dona Lombarda - il quale anzi vi è ripetuto con insistenza, come se i cantori popolari sentissero il bisogno di invocare di continuo un oggetto di secolare imprecazione». E continua:
«Ora, chi è colei che con la sola generica appellazione di — lombarda — poteva essere conosciuta e maledetta da l'un capo e l'altro dell'Italia superiore? — Qual'è la donna, che nella stessa Lombardia (gran parte del Piemonte ebbe pure la denominazione di Lombardia fin oltre il Sec. XIV) ha potuto chiamarsi la — Lombarda — senza che nascesse dubbio sulla persona indicata con questo nome? Non altre, mi pare, che Rosmunda, la longobarda per eccellenza, anzi la stessa regina dei Longobardi — odiata da questi perchè ucciditrice del loro re, abborrita dagli italiani, perchè appartenente alla razza degli oppressori stranieri, esecrata da tutti perchè due volte adultera e due volte omicida — ».
Per precisare meglio la vetustà rara di questo monumento popolare, bisognerà risalire all'epoca d'origine. Il documento più autorevole che ci rimanga intorno alla morte di Rosmunda (573 d. C.) è la cronaca di Paolo Diacono (vedi pag. 71).
Se si confronta il paradigma della canzone, formulato sulle varie lezioni di pura origine popolare (raccolte in molte parti d'Italia) con detto documento, risulterà evidente l'identità sostanziale del fatto narrato nella canzone e nella cronaca. E, premesso che, o la canzone è nata dalla cronaca o che Paolo Diacono, nel descrivere la morte di Rosmunda, abbia subito l'impressione di un canto tradizionale non dissimile dal nostro — il Nigra, commentando scrive: «Si deve ammettere che la redazione originaria della canzone stessa risale al sesto secolo dell'era volgare, e che si avrebbe quindi in essa uno dei più antichi documenti poetici della moderna Europa».
«È ben inteso, che trattasi qui della redazione originaria nell'idioma volgare del tempo e del luogo e non già delle redazioni recenti cantate oggidì. — Ma non cessano perciò di procedere da redazioni anteriori; giacchè è fuor di dubbio, che la forma della poesia popolare cantata, finchè non é fissata dalla scrittura, segue le modificazioni continue dei dialetti e si va successivamente mutando».
Alessandro d'Ancona a questo proposito osserva:
« — Se si volesse applicare al nostro caso la dottrina... che le canzoni storiche, sieno sempre coéve al fatto che celebrano, avremmo qui un canto volgare anteriore assai allo svolgimento delle lingue volgari». — «Noi crediamo che la data d'origine abbia a porsi non prima del generale e contemporaneo ridestarsi dell'intelletto, della lingua e della persona civile del popolo italiano. — In quella età eroica della nostra storia; in quella gioventù vigorosa delle nostre plebi, le tradizioni antiche conservate nella memoria e via, via modificatesi, presero forma poetica ed espressione nel novello linguaggio — e allora, o poco appresso, dovette nascere come frutto maturo anche il canto di «Dona Lombarda» postuma vendetta della discendenza latina contro una malvagia eroina della stirpe degli oppressori...» — Ma il Nigra, insiste «che i metri volgari e le rime esistevano già negli inni latini della chiesa ed in altri componimenti, non solo del VI secolo, ma nella chiesa milanese specialmente, fino dal IV secolo».
Queste le brevi e salienti notizie critiche sintetiche tratte da una lunga e completa illustrazione che l'insigne studioso fa seguire alle molte e diverse lezioni della «Dona Lombarda».
Di queste il Nigra ne pubblica diciasette nell'opera citata «Canti Popolari del Piemonte» e sono così divise:
- Sette Piemontesi (Canavesi, Monferrine, Colline di Torino).
- Una Emiliana.
- Due Lombarde.
- Quattro Venete.
- Tre Toscane.
In queste diciasette lezioni sono riassunti tutti i tratti essenziali della canzone. Ma ancora altre molte lezioni sono denunciate dall'A. come da lui possedute e già edite da altri studiosi (ordine di stampa dal 1855-88). E queste sono in numero di quattordici tra le quali di Romane, Marchigiane, Istriane, Beneventane ed una Francese del Cantal.
Le lezioni più numerose sono forse le Venete.
Cesare Cantù nella sua Storia Universale (Canti Italiani) la crede di origine Veneziana. — Infatti la lezione Veneta è la più semplice e più classica, come quella meno ricca di fronzolî e di varianti.
- Note a cura de l'autor
- ↑ Canti Popolari del Piemonte - pubblicati da Costantino Nigra - Torino - Loescher, 1888.